Questa estate ci siamo dati come meta la Grecia, con due obiettivi: visitarla da turisti evitando però i luoghi sovraffollati (che viaggiando d’agosto sono sempre un incubo) e coniugare il turismo con qualche rinfrescante bagno in mare.
Abbiamo quindi evitato le isole e anche Atene, che avevamo già visto e che in agosto è invivibile.
Il battello ci ha lasciato a Igoumenitsa e l’abbiamo ripreso 15 giorni dopo a Patrasso per il ritorno.
Non avendo l’aria condizionata sul camper, ci siamo presto resi conto che l’unico modo per dormire la notte era con tutte le finestre spalancate, quindi, anche se normalmente non siamo frequentatori dei campeggi, quest’anno li abbiamo usati regolarmente; anche se i posti che abbiamo attraversato ci sono sempre sembrati tranquilli, non ci fidavamo comunque a dormire con le finestre aperte per strada. Inoltre abbiamo sempre preferito campeggi con spiaggia o, dove non era possibile con piscina, in modo da poterci concedere una nuotatina tonificante al mattino prima di partire ed un’altra rinfrescante alla fine, dopo tutta la calura immagazzinata nella giornata.
I campeggi avevano prezzi ragionevoli (intorno ai 20€ per 2 persone, camper ed elettricità) ed erano mediamente carini, alcuni veramente belli, puliti e ben attrezzati. Le spiagge dei campeggi, al contrario di quelle libere, erano ben tenute e pulite.
Un lato negativo della Grecia è proprio questo: la spazzatura abbandonata un po’ ovunque, che a volte rovina anche gli angoli più caratteristici.
Le strade presentano alcuni elementi di difficoltà. La guida è a tratti faticosa per la presenza frequente di salite, discese e tornanti, e spesso anche nei tratti esposti mancano i guard rail. L’attraversamento dei paesi è invece complicato dal modo di parcheggiare dei greci, che si potrebbe definire molto ‘casual’. Di solito prendono in considerazione la possibilità che passi un’altra auto, raramente gli occorre l’idea che possa passare invece un furgone o un camper.
a benzina costa circa quanto in Italia. E’ utile tenere presente che spesso le stazioni di servizio (come d’altro canto i campeggi e le trattorie) non accettano né carte di credito né bancomat.
Cibo e bevande sono più economici che in Italia e mediamente buoni. I greci amano mangiare fuori quindi c’è una trattoria ad ogni angolo di strada e i costi sono contenuti (in 2 spendevamo mediamente una 20ina di euro), così, con la scusa del caldo per cui cucinare in camper era fuori discussione, ci siamo concessi un pasto al giorno in un locale, mangiando sempre discretamente bene, a volte anche molto bene. Fermarsi in una taverna non è solo un fatto di cibo ma anche un modo per passare un po’ di tempo al fresco (distese di tavolini esterni, sotto a pergolati o ad enormi alberi ombrosi) osservando il passaggio.
Questo giro ha avuto alcuni punti salienti:
– la zona di Zagaria / Parco Nazionale di Vikos, a nord di Ioannina
– la penisola (anch’essa Parco Nazionale) del Pilio, a nord di Atene
– la penisola del Mani (il ‘dito’ centrale del Peloponneso).
In queste tre aree torneremmo volentieri… anzi, torneremo. Inoltre abbiamo toccato alcuni punti che, pur facendo parte delle mete turistiche più classiche, volevamo proprio vedere:
– le Meteore
– Delfi
– Micene
– il Tempio di Vasses.
E anche qui, accanto ai siti famosi, abbiamo trovato percorsi e luoghi molto belli e tranquilli che valeva sicuramente la pena visitare.
Domenica 8 agosto
Si parte alla volta di Brindisi. Per prendercela un po’ comoda partiamo la sera e guidiamo 3 ore sino ad Ancona.
Lunedì 9 agosto
Tutta la mattina in autostrada per il tratto Ancona-Brindisi. Pranzo da un’amica, nel pomeriggio ci dirigiamo all’imbarco. Abbiamo trovato il biglietto all’ultimo minuto, Brindisi-Igoumenitsa con la compagnia (a noi sconosciuta) Endeavor, viaggiando con la formula ‘campeggio a bordo’ (open deck). La nave è buona, e le operazioni di imbarco camper sono divertenti da osservare. Questi marinai greci con la risata sempre pronta sono bravissimi a guidare le manovre dei camperisti più o meno esperti e ad incastrare come in un grande puzzle tutti i mezzi finchè sul ponte non resta lo spazio per uno spillo. Il ponte in realtà non è quello superiore ma il secondo, e di “open” ha solo un’ampia finestratura che però noi, dal nostro angolino, neppure vediamo. Così andiamo a fare un giro di sopra per vedere la partenza e davanti alla gente che si accampa per prepararsi a passare la notte sull’umido del ponte superiore ci sentiamo proprio fortunati. Non si può cucinare a gas ma abbiamo la corrente elettrica, e con questo caldo una birra gelata è più gradita di un caffè.
Martedì 10 agosto
Lunga giornata…. Cominciata con la sveglia alle 4:30 perché alle 5:00 si sbarca a Igoumenitsa. Prendiamo subito la strada che scende lungo la costa verso sud, piacevolmente fresca e semideserta dato l’orario. E’ una costa a tratti rocciosa, che si allarga ogni tanto in calette sabbiose, il tutto immerso nel verde degli ulivi.
Passato il paesino di Sivota si succedono varie spiaggette, attrezzate “alla greca”, con taverna sotto gli ulivi, qualche ombrellone e un improvvisato noleggio di barche. Prima di Perdika seguiamo la deviazione per la spiaggia di Arillas dove posteggiamo e recuperiamo il sonno perduto.
Al risveglio, all’alba delle 11, il posto è affollato, così, dopo un bagno rinfrescante, ripartiamo verso sud, fino al delta dell’Acheronte.
Nei tempi antichi questa regione della Grecia, l’Epiro, era considerata la porta degli inferi perché paludosa, malsana e infestata dalle zanzare della malaria. La foce dell’Acheronte è uno dei pochi tratti di palude non bonificata e preservata come parco naturale.
Nei pressi di Mesopotamos visitiamo il Nekromanteion (indicazioni stradali), una costruzione antichissima riportata alla luce solo di recente, una sorta di santuario costruito con grandi blocchi di pietra, dedicato all’incontro con le anime dei morti.
I pellegrini che giungevano sul luogo venivano sottoposti a un rituale complesso di lavaggio e purificazione seguito da una particolare dieta e probabilmente venivano somministrate loro anche delle droghe. Dopodichè, affamati e allucinati, potevano accedere, attraverso un labirinto che simboleggiava il percorso tortuoso per scendere nell’aldilà, ad un salone sotterraneo dove si diceva vivessero Ade e Persefone, la coppia divina che presiedeva agli inferi. Qui, complici alcuni cunicoli che permettevano ai sacerdoti di muoversi di nascosto ed un meccanismo simile ad una gru con il quale venivano fatte volteggiare sagome rappresentanti spiriti, potevano avere la percezione dell’incontro con i defunti.
Il biglietto d’ingresso costa solo 2€ ma non c’è guida né materiale in italiano, solo un foglietto riassuntivo in inglese.
L’impressione generale è che i prezzi siano più bassi rispetto all’Italia; compriamo due lattine di bibita in un bar (il sole picchia, anche se tira sempre un po’ di vento) e spendiamo solo 2€.
Dalla foce dell’Acheronte risaliamo verso le sorgenti. A Goliki, una 20ina di km all’interno, c’è un posto che si chiama ‘le sorgenti dell’Acheronte’. In realtà la vera sorgente è molto più su, ma dato che è un fiume carsico, qui esce dal sottosuolo e qui gli antichi credevano nascesse. Il posto è delizioso. C’è un ampio parcheggio (gratuito) tra gli ulivi a fianco del greto del fiume dove stazionano alcuni camper tedeschi e olandesi (chissà perché nei posti migliori ci trovi sempre loro – gli italiani, manco a dirlo, sono rimasti tutti incollati alla costa). Ci sono alcuni bar e ristorantini che hanno i tavolini sul greto stesso del fiume. C’è anche la possibilità di fare canoa e rafting, anche per famiglie con bambini, perché il fiume scorre veloce quanto basta per risultare divertente ma l’acqua è bassa e non pare pericolosa. Ci bagniamo i piedi nell’acqua piacevolmente gelata.
Dopo una sosta ristoratrice e un ulteriore riposino (siamo in vacanza o no?) ripartiamo alla volta di Ioannina (prima prendendo a nord per Paramithia, poi verso est con la superstrada fino a Ioannina), dove arriviamo verso le 19.
Ioannina è una cittadina turistica molto vivace e molto conosciuta dai greci… ma pare solo da loro. Si trova sulla sponda di un lago. Il centro è circondato da antiche mura veneziane e vi si trova, oltre ad una basilica ortodossa, anche una moschea (di Ali Pasha), retaggio del periodo di occupazione turco.
Arrivando dalla superstrada e seguendo le indicazioni per il centro, che è zona pedonale, ci si trova a fiancheggiare le mura, quindi si sbuca di fronte al lago. La strada prosegue a sinistra e qui si trovano alcuni parcheggi custoditi. In uno di questi ci fermiamo per la notte per la ragionevole cifra di 8€, acqua compresa. La giornata si conclude con una passeggiata in centro e una cena, anche troppo abbondante, a base di souvlaki (spiedini di carne) con patate, insalata greca e tzaziki (una salsa a base di yogurth, cetrioli, aglio e menta… garantisco che a dispetto della descrizione è molto buona, la mia preferita!).
La trattoria è una taverna tra le tante, senza infamia e senza lode, i gestori ricordano i protagonisti del film Soul Kitchen e ci divertiamo ad immaginare come sarà la cucina… Spesa modesta, 16€ a testa.
Nel lago c’è un’isola che si raggiunge con 10 min di battello, sulla quale si possono visitare alcuni monasteri e il museo di Ali Pasha, inoltre pare ci siano buoni ristorantini che servono pesce di lago.
Mercoledì 11 agosto
Di oggi è degno di nota non tanto quanto abbiamo visto, ma quanto avremmo voluto vedere.
La mattina di buon’ora ci siamo diretti verso nord, decisi a visitare la regione di Zagaria e il Parco Nazionale di Vikos, famosi per i villaggi in pietra e per le montagne strapiombanti in ripide gole. Imboccata la strada provinciale (o statale?) verso Kaipaki, passato il centro di Metamorfosi (sì, proprio così) si volta a destra e più o meno lì inizia il parco. Lungo la strada, dopo pochi km, un efficientissimo ufficio del turismo con una impiegata molto carina ci ha rifornito di cartine e informazioni, tanto che abbiamo deciso che sarebbe valsa la pena di fermarsi due giorni nella zona.
Poi la batteria di servizio del camper si è messa a fare le bizze … ma questa è un’altra storia.
Ecco quello che avremmo voluto vedere:
Kipi, con il suo ponte turco a tre archi, e il piccolo museo del folklore vicino alla panetteria, dove bisogna bussare affinchè lo aprano perché si trova in una casa privata.
Koukoli, con il museo botanico.
Vradeto, con un esempio ben conservato di quei sentieri a scalinate che nei secoli scorsi collegavano un villaggio all’altro. Inoltre a Beloi, nei pressi di Vradeto, parte un sentiero panoramico che in mezz’ora porta ad una delle vedute più spettacolari del canyon di Vikos.
Monodendri, uno dei villaggi in pietra più vivaci della zona (all’arrivo in paese la strada si biforca, è consigliabile prendere la via in salita perché l’altra diventa molto stretta per il camper). Dalla piazza centrale in 600 mt a piedi si raggiunge un monastero da cui si ha una splendida veduta della gola di Vikos.
Papingo, che si divide in due villaggi: Mikro Papingo e Megalo Papingo, anche questi tra i più grandi e interessanti tra i villaggi in pietra, con le piscine di roccia, vasche naturali attrezzate per poter essere frequentate da più persone (con saracinesche in pietra che in modo invisibile permettono il cambio e la filtrazione dell’acqua).
Vikos, per una visuale maestosa dell’omonima gola dall’altro lato.
E poi anche Tsepelovo, antico villaggio in pietra con una vivace piazza centrale che all’ombra di due enormi platani ospita bar e trattoria.
Questo a dire il vero lo abbiamo visto! Come pure il museo all’aria aperta dei Sarakazani, il popolo seminomade che fino a una 30ina di anni fa viveva ancora nelle capanne di paglia (si trova dopo Skamnel, girando dopo l’hotel che si trova lungo la strada).
E poi ci sarebbe piaciuto arrivare fino a Vrisahori per comprare le marmellate fatte in casa e vedere se era percorribile la stradina verso nord di collegamento con la zona montagnosa facente capo al comune di Konitsa…. e se non lo era avremmo fatto comunque il giro per arrivarci, perché il panorama di quelle cime aspre, di oltre 2500/2700 mt, deve essere una cosa meravigliosa. Questa zona di pinnacoli di roccia, di boschi fittissimi, di paesini di pietra arenaria (46 paesini) testimoni di una ricchezza di altri tempi… con le chiese tutte affrescate e ponti arditissimi, architetture d’avanguardia per l’epoca. Grazie alla loro posizione hanno potuto mantenere una relativa autonomia anche durante la dominazione turca. Gli abitanti che emigravano reinvestivano le loro fortune in opere edilizie in questi paesini sperduti dove restavano le loro radici.
E’ veramente una zona interessante, con una natura praticamente incontaminata (un paio di volte abbiamo visto grosse tartarughe che attraversavano la strada) e poco turismo. Inoltre fa fresco, cosa che di questa stagione e a queste latitudini è sempre un vantaggio.
La rete stradale è per la maggior parte asfaltata e ben percorribile anche con il camper. Solo alcune strade minori possono risultare problematiche per mancanza di asfalto, fondo sconnesso o strettezza, ma queste sono ben connotate nella cartina della zona in distribuzione presso l’ufficio del turismo.
Invece … è meglio dimenticare un giorno speso dal meccanico e sotto il camper alla ricerca del motivo per cui il mezzo misteriosamente, ogni tanto si spegneva improvvisamente e non ripartiva più….comunque qui ritorneremo.
Giovedì 12 agosto
Dopo aver pernottato nuovamente a Ioannina nell’ormai familiare parcheggio NEO, proseguiamo il nostro viaggio verso est in direzione Metsovo. Scegliamo però di non usare l’autostrada bensì di percorrere la vecchia strada statale, molto più tortuosa ma panoramica.
Il paese di Metsovo conserva belle case in legno e pietra, retaggio di un periodo di ricchezza al tempo della dominazione ottomana, quando gli abitanti si erano guadagnati i favori dei turchi facendo per loro la guardia al passo di Kataras. E’ anche famoso per la gastronomia, in particolare i formaggi. A dire la sacrosanta verità noi lo abbiamo trovato carino ma un po’ stucchevole. Sarà che ci eravamo presto disabituati ai negozi di souvenir e ai ristoranti che acchiappano i clienti per la strada. Però tutto intorno si vede la catena montuosa del Pindo, tutta la zona è Parco Nazionale. Le montagne sono imponenti e l’insieme è piacevole. (Nota: con il camper è consigliabile posteggiare in cima al paese, appena dopo la deviazione dalla strada statale, e scendere in centro a piedi. Le strade sono strette (e i greci posteggiano e guidano in modo indecente) e abbiamo assistito ad alcune scene di imbottigliamento da film.
Dopo la sosta a Metsovo ce ne concediamo un’altra al passo di Kataras (1700 mt). Qui d’inverno deve esserci molta neve, ma ora con il caldo che fa c’è una frescura invidiabile, così ci concediamo dopo il pranzo la ennesima pennichella (stiamo sforzandoci di acquisire i ritmi greci, non per altro..).
Ripreso il cammino sempre sulla vecchia statale, che è molto panoramica, dopo circa un’ora arriviamo in vista delle Meteore. Un paesaggio surreale ci accoglie, un pezzo di luna trapiantato sulla terra.
Ad una prima impressione ci ricorda certe zone della Cappadocia, in dimensione ridotta. Facciamo la spesa a Kalambaca e ci fermiamo in un campeggio poco sotto le meteore, il Vrakos Camping a Kastraki, la frazione di Kalambaca più vicina ai picchi rocciosi. L’accoglienza in campeggio è squisita, e l’impianto è molto ben attrezzato: piscina, barbecues completi di carbonella, fornelli, griglie e tavoli, persino dei grandi frigoriferi a disposizione dei campeggiatori. Servizi pulitissimi e docce libere (senza gli scomodissimi gettoni). Il tutto per 20€ a notte, elettricità compresa. Per prima cosa un bagnetto ristoratore, poi una grigliata con i souvlaki che abbiamo appena comprato, tzaziki e insalata greca… stiamo entrando nella parte.
Venerdì 13 agosto
All’entrata del campeggio ci avevano dato una mappa della zona; all’uscita ci hanno regalato una piccola icona, una cartolina e una riproduzione di una vecchia stampa. Che carini!
Giornata dedicata alla visita delle Meteore. Cominciando dal Gran Meteoro (o Monastero della Trasfigurazione o della Metamorfosis), appena apre alle 9 di mattina, perché poi è il primo a riempirsi di gente. Per la visita alle Meteore non bisogna portare pantaloni corti per gli uomini né pantaloni (di qualunque genere) per le donne; sono ammesse solo gonne sotto al ginocchio. Inoltre niente canotte o abiti senza maniche. Si può rimediare con un pareo o un golfino (ma che caldo!), comunque tutti questi monasteri sono provvisti di teli utilizzabili come gonna o come scialle per quei turisti sprovveduti come me che di lungo hanno solo i pantaloni. Il biglietto di ingresso è di 2€ per ciascun monastero. Il Gran Meteoro è ovviamente molto bello, è il più ricco e antico tra i sei monasteri della zona tuttora visitabili. Stupisce però, nel museo del monastero, tanta elegia degli eroi di guerra e tanto nazionalismo, quasi una carrellata di “santi armati”.
Sconsigliato qui l’acquisto di souvenirs; i prezzi sono più alti che negli altri monasteri e la qualità è scarsa.
Vicino a questo visitiamo il Monastero di Varlaam, che a confronto dice un po’ meno. E’ anche più buio e gli affreschi si apprezzano a fatica. Il Monastero di Roussanou, dedicato a Santa Barbara, è invece una piacevole sorpresa. E’ abitato da monache che lo tengono con molta cura; piccolissima la parte visitabile, ma bella; il negozietto di souvenir, a differenza dei monasteri precedenti, ha delle belle icone con un buon rapporto qualità-prezzo, inoltre marmellate fatte in casa, miele, tisane, origano… Vi si accede tramite due ponticelli sospesi, risparmiando così parecchie scale. Successivamente visitiamo l’ultimo monastero della fila, quello di Santo Stefano (Agios Stefanos), perché temiamo che chiuda nell’ora di pranzo (ciascun monastero osserva un proprio orario e quasi tutti hanno anche un giorno di chiusura infrasettimanale. In genere aprono alle 9 e chiudono intorno alle 17/18, ma alcuni fanno anche pausa tra le 13 e le 15). Anche questo monastero è gestito da suore e sicuramente la mano femminile si nota. Il complesso è grande e lo trovo bellissimo. I dipinti sono brillanti, come pure sono lucidati a specchio tutti gli ori e gli argenti. L’argento, così spesso presente nelle chiese ortodosse, così lustro e brillante fa tutto un altro effetto. C’è un piccolo museo, due o tre stanze, che anziché cimeli di guerra espone icone antiche meravigliose e un ricamo in fili d’oro e d’argento della deposizione di Cristo che è un vero capolavoro. I cortiletti sono tutti fioriti e le suore… si vedono! A differenza dei monaci, che demandano la gestione dei turisti a qualche ragazzo svogliato che si limita a vendere i biglietti e non si fanno vedere neppure in cartolina, le monache sono presenti qua e là, gestiscono il negozietto di souvenir (anche questo ben fornito), danno informazioni ai visitatori, parlano inglese (!), sorridono, fanno regalini ai bambini… insomma, una marcia in più. Anche a questo monastero si accede tramite un ponticello, senza quindi molta fatica. Cosa che non si può dire per il successivo monastero che visitiamo, quello dedicato alla Santa Trinità (Agia Triade). Sotto il sole ormai delle 13.30 scendiamo a piedi in fondo al canyon e risaliamo boccheggianti sul lato opposto gli oltre 200 gradini che portano alla struttura. La terrazza offre in compenso un panorama meraviglioso; anche se chiamarla terrazza forse è un po’ pretenzioso, si tratta di una semplice spianata di roccia con qualche protezione di legno qua e là. I dipinti sono belli, sempre diversi seppure con alcuni soggetti ricorrenti. Ad esempio nel Katolikon, che è una sorta di anticamera della chiesa vera e propria, si sprecano le scene di tortura, che ricordano (e a volte immaginano con una fantasia molto fervida) il martirio dei primi cristiani da parte dei Romani. Non manca mai nemmeno una scena del giudizio universale, dove un drago sputa un fiume di fuoco che impetuoso travolge i dannati, ma che va poi a terminare in un rigagnolo sotto ai piedi di Cristo.
Da ultimo visitiamo il primo monastero della fila, quello di San Nicola (Agios Nicolaos Anapfisos). Qui da vedere c’è solo la chiesa, piuttosto buia ma con un bel dipinto di Adamo che dà il nome agli animali, e una terrazza panoramica, oltre al ‘solito’ argano, presente quasi ovunque, mediante il quale i monaci issano le merci (e nel passato anche i visitatori, insacchettati in una rete di corda).
Verso il tardo pomeriggio ci rimettiamo in marcia alla volta di Volos, sul mare, all’inizio della penisola del Pilio, circa 150 km a sud-est di qui. Ci vogliono circa 3 ore, quando arriviamo è già buio e non sappiamo dove andare a dormire. La città e molto vivace e il traffico è intenso, così ci buttiamo sulla costa a sud. Con il buio non è facile distinguere un buon posto per dormire, e camper in giro non se ne vedono… Finalmente, una 10ina di km più a sud, troviamo un campeggio, anche questo spaziale, attrezzatissimo. Ha persino i distributori gratuiti di acqua refrigerata dove ciascuno può riempire la propria bottiglia; poi lavatrici, frigoriferi, congelatori pubblici e un ristorante dove alle 11 di sera sembra mezzogiorno, tanto è affollato, e… ciliegina sulla torta… la spiaggia privata! Il tempo di parcheggiare e di infilare il costume e via, siamo in acqua per un bagnetto notturno. C’è una stellata meravigliosa e guardarla dal mare è ancora più bello. Sono i giorni delle stelle cadenti…
(Camping Sikia, nella frazione di Kato Gatzea a sud di Volos, www.camping-sikia.gr).
Sabato 14 agosto
Oggi vogliamo fare il giro della penisola. Però tra bagni e bagnetti partiamo tardi e fa già caldo, Meno male che il nostro percorso prevede di salire di quota.
La penisola del Pilio si credeva un tempo abitata dai centauri. Ha una fascia montagnosa che la percorre tutta e che arriva fino a 1700 mt di altitudine ed è verdissima. Da un lato la montagna scende dolcemente verso la costa e ci sono le spiagge, dall’altro cala a picco sul mare con panorami spettacolari. Ripartiamo dunque da Volos e saliamo all’interno, via Anakasia e Ano Volos. La strada è lenta e faticosa per le molte curve e a volte i passaggi nei paesi sono stretti perché ingombri di auto. Arriviamo a Portaria, dove facciamo una prima sosta per ammirare la chiesetta con affreschi molto belli e sederci nella piazza centrale a prendere un po’ il fresco. Tutti i paesini di montagna che abbiamo visto sin’ora hanno alcune costanti: una piazza centrale con uno o più enormi platani, sotto i quali stendono i tavolini i bar e le taverne; sulla stessa piazza, la chiesa del paese e una fontana in pietra da cui sgorga acqua fresca (qui i camerieri stessi vanno a riempire le brocche alla fontana). Il turismo è poco ed è quasi esclusivamente greco, quindi nessun cameriere (nonostante l’età media sia sui 20 anni) spiccica due parole di inglese. Risultato: volevo ordinare un caffè freddo (bevanda fatta con il caffè istantaneo, che qui va per la maggiore) e mi arriva un cappuccino bollente.
Ci rimettiamo in sella (si fa per dire) per visitare anche il paesino di Marcrinitsa, con le casette abbarbicate sul pendio tanto che sembrano costruite l’una sull’altra, ma il posteggio del paese è pieno (è la vigilia di ferragosto) e il camper non siamo ancora riusciti a piegarlo in quattro, quindi proprio non ci sta da nessuna parte.
Proseguiamo in direzione Zagarà e poi Tsangaradà, facendo una sosta a Kissos che ha una bellissima chiesetta, nonché una piazza con tutte le caratteristiche descritte prima. Altra sosta a Tsangaradà dove, in piazza Paraskevi, si trova il platano più grande e vecchio della Grecia. Dicono che abbia 1500 anni, ma anche se non fosse vero è comunque uno spettacolo, ha una chioma enorme che fa ombra a tutta l’ampia piazza.
Ormai il sole non è più cocente e questa strada nel verde è fresca e panoramica.. perciò decidiamo di percorrerla tutta, fino in fondo alla penisola. Per fortuna la metà più a sud della penisola non è così montagnosa, quindi la strada si fa più ampia e dritta. Se nella prima parte la velocità media era poco più dei 30 all’ora, ora si viaggia tranquilli anche sui 60 km/h.
Il paesaggio cambia, i boschi cedono il passo agli uliveti e poi, nella parte finale della penisola, che si ritorce indietro a formare un golfo, alla macchia mediterranea. Ci arriviamo al calar del sole e il paesino di Agia Kyriaki (dalla strada principale per Trikeri, bivio in salita sulla sx che porta in un paio di km ad Agia Kyriaki) sembra completamente diverso da quelli visti fin’ora. E’ come essere su un’isola: le casette dei pescatori, bianche con le finestre blu, le barche vivacemente arancioni e tre taverne affacciate sul porticciolo che si contendono i pochi clienti, decorate da file di lampadine che le incorniciano come una ghirlanda e illuminano i tavolini sistemati direttamente su piccoli moli. Dal profumo ne scegliamo una, dove mangiamo ottimo polipo alla griglia. Il polipo prima viene essiccato al sole (se ne vedono appesi ovunque), quindi risulta un po’ più duro e salato rispetto al nostro gusto abituale, ma più appetitoso e saporito.
Campeggi da queste parti nemmeno l’ombra, l’ultimo l’abbiamo visto a Milina. C’è un parcheggio nuovo nuovo all’ingresso del paese (nel paese non accedono le auto), si affaccia sul mare e ci hanno detto che è un posto tranquillo.
Non stento a crederlo, anche se è buio pesto. Per stanotte ci fermiamo qui.
PS: Da questo punto al capo opposto del golfo di Pagossitikas, sulla terraferma, ci saranno 10 km di mare, e ce ne saranno al massimo 20 da qui all’isola di Eubea. Se ci fosse un traghetto ci permetterebbe di risparmiare un giro infinito per raggiungere le stesse località via terra, forse 5 ore di auto nel primo caso e almeno il doppio nel secondo. Però … niente del genere.
Memori della vacanza dello scorso anno, pensiamo di portare qui la prossima volta qualche norvegese. Quelli in men che non si dica sono capaci di farci un ponte, due tunnel e alcune linee di traghetto con corse scadenzate ogni mezz’ora.
Domenica 15 agosto
Notte caldissima, non essendo in campeggio abbiamo tenuto i finestrini chiusi e nonostante la ventola sull’oblò, il caldo si è sentito. Sveglia presto e bagno rinfrescante alle 7 di mattina… il mare è a tre metri dal camper. Semplicemente meraviglioso.
Nonostante sia domenica e pure la festa dell’Assunzione, qualche anziano pescatore se ne va in giro con la sua barchetta. Facciamo un ultimo giro nel paesino di Agia Kiriaki che con la luce del mattino è veramente delizioso. Le barche dei pescatori dai colori vivaci sono un ottimo soggetto per foto.
Credo che noi e una coppia di anziani turisti inglesi siamo gli unici non-greci nel paese.
Il resto della giornata trascorre, con qualche pausa, per il trasferimento a Delfi, ritornando prima a Volos, poi verso sud con la autostrada per Atene fino a Lamia, infine gli ultimi 100 km sulla statale per Delfi, che nell’ultimo tratto è molto panoramica, corre alta su una vallata ampia, interamente ricoperta di ulivi e sullo sfondo il mare del golfo di Corinto.
Ci sistemiamo al Delphi Camping (il campeggio precedente ci aveva dato un libretto-sconto per una rete di campeggi chiamata “Sunshine Campings”, tra cui questo) e lo troviamo buono: accoglienza cordiale, ben attrezzato, pulito, piccolo ma non affollato, in posizione panoramica e.. con piscina (è il terzo bagno di oggi, ma con questo caldo non c’è altro modo..). 20€ a notte, elettricità compresa.
A dire il vero nei campeggi abbiamo sempre trovato molta pulizia, ma in giro a volte sembra di essere in una discarica: lattine, bottiglie, cartacce rovinano anche i più begli angoli di costa. I locali sembrano non farci minimamente caso, cercano un angolo libero dalla immondizia e con nonchalance stendono il loro salviettone come se avessero intorno un giardino fiorito. Mah.
Lunedì 16 agosto
Con un po’ di dispiacere lasciamo il Delphi Camping con la sua piscina panoramica sulla valle.
Il sito archeologico di Delfi è a soli 4 km. Il biglietto combinato del sito + museo costa 9 € e li vale tutti e ben di più. Nonostante il caldo esploriamo il sito in lungo e in largo, Questo per i greci antichi era l’ombelico del mondo, il posto dove le due aquile liberate da Zeus dai capi opposti della terra si erano riunite. Qui aveva sede l’oracolo più accreditato e famoso, a cui i re chiedevano consiglio per le guerre e che coprivano di tesori in caso di vittoria. La dislocazione ha già in sé qualcosa di mistico. Abbarbicato sulle pendici del monte Parnasso, con tutta la vallata ai piedi e il mare sullo sfondo, da qui sembra di dominare il mondo, di trovarsi in un’altra dimensione. Sono ancora chiaramente distinguibili il Tempio di Apollo, quello più piccolo che conteneva il tesoro di Atene, il teatro e lo stadio. Il museo il lunedì apre alle 13.30; aspettiamo un’oretta l’apertura ingurgitando granite multicolori. Il sole è caldissimo, ma basta trovarsi all’ombra di un albero per sentire un venticello rinfrescante. Il museo contiene i ritrovamenti più preziosi del sito ed è stupendo. Non enorme – una decina di piccole sale – ma ben allestito e con opere stupefacenti.
Dopo Delfi, la seconda meta della nostra giornata è il Monastero di Ossios Loukas che dista da Delfi circa 25 km.
Si segue la strada per Atene sino a Distomo, poi si devia a est per Stiri e il monastero si trova dopo un paio di km, ben segnalato. E’ dedicato ad un eremita locale, profeta e guaritore, santificato poco dopo la morte. Solite regole sul vestiario, anche se qui pare tollerino le donne in pantaloni purchè lunghi. Il Monastero vale senz’altro la pena di una visita. Contiene infatti due chiese bizantine molto belle, sia come architettura che come mosaici (nella più grande), che sono tra i più belli dell’intera Grecia.
Sono esposte anche delle belle icone. Sotto la chiesa più grande c’è una cripta affrescata (chiedere indicazioni perché l’accesso non è facilmente visibile).
Il negozio dei monaci vende vari prodotti artigianali, tra cui olive e miele di timo, una specialità locale che non ci lasciamo scappare. Le marmellate invece, ormai per consolidata esperienza greca, contengono un tasso di zucchero tale da risultare persino più dolci del miele.
Verso le 18 ripartiamo, vogliamo arrivare nel Peloponneso entro sera. Imbocchiamo la strada costiera verso ovest e speriamo nel traghetto Agios Nicolas/Egio, che ci risparmierebbe parecchia strada. Ma l’ultima corsa da Agios Nicolas è già partita (partenze alle 8.30 – 12 – 15.30 – 18), così raggiungiamo il ponte nuovo che si trova a ovest di Nafpantos e che collega la Grecia settentrionale al Peloponneso, Arriviamo al ponte che è già buio: tutto illuminato, nella sua estensione di circa 5 km, ha un aspetto da favola. (12€ pedaggio ponte).
Avremmo voluto imboccare subito dopo la strada statale che corre lungo la costa verso est, ma abbiamo mancato l’uscita per Rio. Ci siamo ritrovati pertanto senza possibilità di scelta su una autostrada che, almeno nel tratto verso est dopo il ponte, è assolutamente pessima.
In Italia non si avrebbe nemmeno il coraggio di chiamarla superstrada, tantomeno di fare pagare oltre 7€ solo per averla imboccata (qui si paga all’ingresso, indipendentemente da dove poi si deciderà di uscire). La carreggiata è stretta e comprende entrambi i sensi di marcia senza divisorie, c’è una sola corsia per senso di marcia, senza neppure corsia di emergenza né piazzole di servizio. I fari dei mezzi che arrivano in senso opposto ci abbagliano, la carreggiata è stretta ma le auto dietro ci strombazzano se non teniamo una velocità da autostrada vera.
Appena possibile, dopo una 20ina di km, usciamo e ci mettiamo alla ricerca di un campeggio per la notte che troviamo a Lambiri, lungo la spiaggia. Non è all’altezza dei precedenti, ma qui per il caldo non si riesce a dormire se non con le finestre aperte, e in campeggio ci sentiamo più tranquilli.
martedì 17 agosto
L’obiettivo di questa mattina era trasferirci a Diakoftò, sulla carta ad est di Egio, per prendere da lì il trenino a cremagliera per Kalavrita, che si inerpica per un’ora lungo la gola del torrente Vouraikos. Lo stesso tragitto non è percorribile in auto perciò volevamo farlo andata e ritorno in treno. Non abbiamo trovato possibilità di parcheggio così abbiamo avuto la poco felice idea di andare in camper a Kalavrita e da lì prendere il treno, andata e ritorno in senso inverso.
Morale della storia: quando siamo arrivati, i biglietti del treno erano già tutti venduti! Caspita, non pensavamo fosse un itinerario famoso… (il treno fa tre viaggi per ciascuna direzione al giorno, e cinque nel weekend). Pazienza, sarà per la prossima volta.
Proseguiamo da Kalavrita per una 20ina di km verso la Grotta dei Laghi (ben segnalata da indicazioni stradali – in greco: Speleo Limnon). L’ingresso alla grotta costa 9€ e si entra con una visita guidata che dura un’oretta scarsa.
La grotta è bella, anche se la parte visitabile è di soli 500 mt.. Certo, non è Postumia, ma contiene un corso d’acqua sotterraneo che forma una serie di laghetti anche se d’estate questi sono in parte asciutti.
Il lato deludente è stata la guida: solo in greco (sebbene la ragazza sapesse parlare anche inglese) e dall’aria noncurante e frettolosa.
Le fotografie, pur senza flash, erano proibite, in compenso era permesso toccare le stalattiti e stalagmiti che si trovavano lungo il percorso, cosa che nessuno si asteneva dal fare… roba da matti.
Qualche informazione l’abbiamo desunta dal foglietto (questo in italiano) che ci è stato consegnato all’entrata, ma siamo usciti delusi dall’apparente poca cura degli stessi addetti per un patrimonio naturale così bello.
Nella grotta la temperatura era decisamente fresca, ma appena fuori il caldo ci ha nuovamente assalito: per fortuna la tappa successiva è vicina e decisamente rilassante.
Continuando sulla strada e superando il paesino di Kastria, dopo 2 km circa c’è un bivio dove girare a sinistra. Si raggiunge in pochi minuti la località Planitero, dove un fresco torrente scorre in mezzo a un bosco di platani secolari, e alcune taverne stendono i loro tavolini in questa frescura. Noi ci fermiamo nell’ultima, “Laleoisa”, dove mangiamo delle trote freschissime alla brace, e melanzane a grossi pezzi fritte in pastella, precedute dall’immancabile (e stavolta particolarmente buona) insalata greca, e seguite da una fresca anguria.
Il prezzo è molto ragionevole ma i tempi sono… greci, ovviamente. Ci sediamo alle 15 e ci alziamo alle 17 dopo avere fatto amicizia con i vicini di tavolo italo-greci ed esserci veramente distesi e rinfrescati.
In serata trasferimento a Corinto. Camping Blue Dolphin in località Lechaìon, sulla spiaggia. Irrinunciabile ormai il bagno serale.
mercoledì 18 agosto
Nel campeggio si dorme al fresco. Anche questo fa parte della rete Sunshine Campings, dove sino ad ora ci siamo sempre trovati molto bene, sia per attrezzatura che per pulizia e per gentilezza. Inoltre dopo il primo pernottamento si ha diritto al 10% di sconto sui successivi campeggi della rete: www.sunshine-campings.gr .
Dal campeggio si raggiunge rapidamente il sito archeologico di Corinto, ma noi diamo solo una sbirciata dall’esterno. Il sole è già alto e non vogliamo investire qui tutte le nostre energie. Passiamo oltre, lungo la strada dell’ingresso al sito e al museo, davanti ai negozietti di souvenir; la strada si inerpica verso Akrocorinto, una cittadella fortificata su una collina rocciosa dove i corinzi riparavano in caso di assedio, dall’antichità al medioevo.
I ruderi di questo particolarissimo luogo comprendono infatti una cinta di mura costruita in varie epoche, una torre dei Franchi, due fontane turche, una cappella bizantina, qualcosa di veneziano… E’ mezzogiorno e il sole batte a picco, l’unico problema è che qui non c’è ombra.
Nel posteggio troviamo il solito “kantina”, uno snack bar improvvisato come se ne vedono tanti (i greci sembrano amare molto il cibo e le bevande, ad ogni angolo ci sono bar e taverne) e ci ristoriamo con una bibita gelata.
La prossima tappa è il Canale di Corinto, che è veramente spettacolare. L’avrei immaginato più ampio, invece è una fenditura nella roccia, strettissima (20 mt o poco più) e profonda. Ci si passa sopra con un ponte per auto e pedoni, ma in auto la vista è così breve che conviene posteggiare e ritornare a piedi per qualche fotografia.
Dopo Corinto ci dirigiamo lungo la strada costiera che percorre il Peloponneso verso est, a Epidauro per visitare il famoso teatro.
Il sito archeologico è molto vasto e comprende diverse costruzioni: templi, stadio, un grande alloggio per i pellegrini… ma la parte veramente indimenticabile è il teatro, antichissimo e ciononostante ottimamente conservato, enorme (oltre 12mila posti) e con un’acustica spettacolare.
Concludiamo la giornata verso Nauflia, anzi è un po’ prima: a 12 km a sud c’è una località balneare chiamata Assini, con il campeggio “Kastraki” sul mare, bello come sempre, anche se un tantino più caro (26€).
giovedì 19 agosto
Stamattina abbiamo fatto un bagno prima di partire, ma la spiaggia di questo camping non è l’ideale perché il fondale, basso e sabbioso, è disseminato di parti scogliose dove si annidano i ricci. La prima meta di oggi è la città di Nauflion, molto piacevole e carina. Questa città ha una storia antichissima, e nei primi anni dell’indipendenza greca nel IXX secolo è stata anche capitale. E’ una città di mare, custodita da tre fortezze: due alle spalle e una proprio davanti, nell’isolotto in mezzo alla baia su cui si affaccia il centro. Si raggiunge quest’ultima con 5 min di navigazione di un battellino che parte ogni mezz’ora dal lungomare proprio di fronte. E’ una bella visita, perché dall’isola si gode un bel panorama. E’ anche piacevole camminare nelle viuzze strette del centro, dove si allineano le taverne con i loro tavolini all’aperto e i negozietti di artigianato.
Pranziamo nella taverna Hellas (dal nome originalissimo) nel bel mezzo della piazza principale, buon cibo a prezzo decisamente contenuto. Prima di ripartire avremmo voluto visitare il museo di arte popolare che tante guide raccomandano, ma scopriamo che è chiuso per la siesta e non riapre sino alle 18. Ci mettiamo allora in marcia verso nord e raggiungiamo l’Acropoli di Tirinto per una breve visita.
La temperatura è torrida in mezzo a queste pietre, non c’è un albero. Il sito è deserto se non per una coppia di inglesi impegnati in una lite furibonda… il caldo gioca brutti scherzi. Vale comunque la pena di una visita, anche solo per contemplare queste mura impressionanti, poderose,che arrivano fino a 14 mt di spessore. Sembrano veramente costruite dai Ciclopi, come dice la leggenda; e solo qui davanti si coglie la vera misura dell’aggettivo “ciclopico”.
Proseguendo verso Micene cerchiamo di visitare la chiesetta molto antica della Panagia nel villaggio di Agia Triada, ma purtroppo è chiusa.
Arriviamo a Micene per le 18. Il sito chiude alle 20 e abbiamo il tempo che serve per una visita tranquilla, considerando che oltre all’Acropoli nel biglietto sono compresi anche un piccolo museo (3 sale) e la “Tomba di Agamennone” – o perlomeno quella così chiamata perché era stata creduta tale.
Il complesso dell’Acropoli è affascinante, maestoso, e contrasta, seppure in rovina, con l’asprezza del paesaggio che farebbe pensare ad un popolo di pastori e nulla più.
venerdì 20 agosto
La giornata di oggi doveva essere una tappa di trasferimento verso la penisola del Mani (il “secondo dito” del Peloponneso); invece ha riservato piacevoli sorprese. Abbiamo rinunciato a visitare Monemvassia, la cittadina più famosa del “primo dito”, perché dicono che in estate parcheggiare sia praticamente impossibile e che sia sovraffollata in quanto si trova su una protuberanza rocciosa nel mare, unita alla terraferma solo da un sottile corridoio stradale di 400 mt. Abbiamo preso quindi da Argos la strada costiera che scende fino a Leonidio, poi devia verso l’interno, a sud ovest, arrivando a Skala e infine da qui siamo scesi a Githio.
La strada costiera è panoramica, ma quella interna, da Leonidio in poi, lo è molto di più. Attraversa gli aspri Monti Parnon, prima serpeggiando lungo una gola, poi inerpicandosi lentamente. Appena prima della cima, sulla sinistra, c’è una stradina pedonale che porta al Monastero (Moni) Profita Ilonas.
Lasciamo il camper lungo la strada principale e percorriamo a piedi i 500 mt di salita che portano al monastero. E’ uno spettacolo imperdibile: il convento è arroccato sul fianco della montagna che scende a picco, e adornato di tante bandierine colorate che sventolano contro il blu del cielo. C’è una chiesetta strapiena di lampade votive d’argento che penzolano da ogni punto del soffitto, e una pace che mette voglia di fermarsi qui.
Dopo una 15ina di km il paesino di Kosmai è un’altra sorpresa. Sotto l’ombra dei platani della piazza principale scorre la vita dell’intero paese, e anche se è l’ora più calda, qui fa comunque fresco. Ne approfittiamo per pranzare in uno dei tanti localini affacciati sulla piazza e anche per comprare qualche prodotto locale (arance candite… squisite) da alcune signore che vendono le prelibatezze confezionate in casa esponendole direttamente sui muretti che circondano i grossi platani della piazza. C’è anche un negozietto di ceramiche carino. Ah, dimenticavo: la piazza non si può mancare, la strada principale ci passa dritto in mezzo. Quando arriva un’auto, o peggio un camper’, tutti si prendono la loro sedia e si spostano per farlo passare. La sensazione è quella di guidare in mezzo a un ristorante o a un cinema, tutto fuorchè su una strada. Appena passata la piazza, sulla sinistra sotto la chiesa c’è un parcheggio.
Ce la prendiamo comoda, anche perché comunque la guida su queste strade è faticosa.
Sono strette, con frequenti curve e spesso prive di guard rail. Arriviamo comunque a Githio nel tardo pomeriggio e prima di infilarci in un campeggio facciamo una piacevole passeggiata in questa cittadina, percorrendo tutto il lungomare: il porticciolo, i tavolini delle taverne con le tovaglie a quadri tra i quali bisogna zigzagare perché a tratti invadono lo spazio disponibile, la gente che passeggia, rilassata, o che sorseggia un aperitivo accompagnato da tocchetti di polpo alla brace. Arriviamo sino al faro, dove il viavai si dirada, ed assistiamo ad una scena che ci dà la misura della sicurezza del luogo: un tizio in braghe corte con un cane al guinzaglio passeggia sul marciapiede lungo la strada che costeggia il mare. Ad un certo punto si toglie dalle tasche cellulare e chiavi di casa, le appoggia sul muretto a fianco del marciapiede e poi scende con il cane a fare il bagno in mare, come se niente fosse.
Riprendiamo infine il mezzo e proseguiamo ancora per un paio di km verso sud, fino alla località di Mavrouvouni, che ha una spiaggia sabbiosa molto ampia e tre bei campeggi. Il nostro sarà il “Mani Beach”.
sabato 21 agosto
Oggi abbiamo in programma un giro per la penisola di Mani, e scegliamo un mezzo alternativo: noleggiamo uno scooter.
A Githio c’è “Moto Makis” che li noleggia teoricamente a 20€ al giorno, ma poi tra carburante e km extra finiremo per pagarne 40. Vabbè, intanto con questa calura ci facciamo una piacevole giornata quasi fresca.
Le strade sono strette e tortuose e con questo mezzo si può curiosare qua e là infilandosi nelle stradine laterali e nei paesini, cosa che invece con il camper risulta difficile se non impossibile.
Con lo scooter, la velocità, specie con due persone a bordo e in salita… lascia un po’ a desiderare.
La prima tappa è la grotta di Dirù (Spilea Dirou), sulla costa appena a sud di Areopoli.
Questa è considerata la più bella grotta lacustre del mondo. Consiste in una serie di gallerie e sale a cui si accede per mezzo di piccole imbarcazioni a remi condotte da guide.
La visita non è lunga e il biglietto non è economico (12€ per circa mezz’ora), ma sicuramente ne vale la pena: è uno spettacolo unico, davvero bello.
Il solo punto negativo è come al solito costituito dalla scarsa cura per questa ricchezza naturale. E’ permesso fotografare anche con il flash (che provoca la crescita di alghe verdi sulle pareti della grotta), come pure è consentito toccare le stalattiti (cosa che ne causa la “morte” perché il grasso cutaneo impedisce alle gocce di fermarsi e quindi alle formazioni calcaree di continuare a crescere); si altera così irrimediabilmente l’equilibrio dell’ambiente sotterraneo, tra l’indifferenza e anzi il consenso dei sorveglianti. Addirittura i barcaioli spesso anziché remare fanno leva con il lungo remo contro il fondo, il soffitto e le pareti della grotta per spingere l’imbarcazione.
Riprendendo la strada principale che prosegue verso sud, si trovano numerose chiesette sparse per la campagna o nei paesini, molte delle quali antiche e molto belle. Basta seguire alcuni dei cartelli indicatori, considerando che le iniziali Ag. (AG in greco) stanno per Agios (pron. Aghios), “santo”, e quindi indicano molto spesso la direzione di una chiesa.
Per esempio vicino ad Erimos c’è la chiesa di Agia Varvara (Santa Barbara), più avanti c’è una deviazione per quella dei Santi Sergio e Bacco…
In questi paesi si vedono, sempre più frequentemente man mano che si scende verso sud, le famose “case torre”. Il Mani era una penisola di pirati, i cui abitanti si considerano i discendenti degli antichi spartani. Le abitazioni tipiche più antiche sono case di pietra fortificate, dalla forma appunto di torre.
Il paesaggio è brullo, roccioso, grigiastro. Le montagne sono aspre e la vegetazione è composta da piante basse di olivo e di fichi d’india dall’aspetto secolare, di un verde cupo.
L’erba secca, di un colore giallo oro brillante, completa la tavolozza. Le case, austeri torrioni di pietra a pianta quadrata, hanno lo stesso colore dei monti, e dedali di muretti a secco ormai in rovina ricordano i frazionamenti delle antiche proprietà.
Il paese più bello e più ben conservato è quello di Vathia, che sorge in cima ad una collina e mantiene ancora inalterato l’antico aspetto di paese fortificato. Molti altri sono disabitati e in stato di semiabbandono.
Gherolimenos è un piccolo e grazioso porticciolo, come anche, dall’altro lato della sempre più stretta penisola, Porto Kaios. Ci sono comunque varie calette lungo la strada, con un mare turchese fosforescente, verrebbe voglia di tuffarsi in tutte.
Arrivando sino in cima al Capo Tenaro (detto anche Capo Matapan) si ha l’impressione di fare un tuffo nella mitologia. Qui si trovava secondo gli antichi una grotta che portava al regno dei morti, l’Ade. Tramite questo passaggio Eracle sarebbe riuscito a raggiungere e incatenare Cerbero, il cane posto a guardia degli inferi. Ed effettivamente tutti questi posti hanno un’aria un po’ magica, un aspetto da fine del mondo. Non c’è nulla, tranne l’essenzialità della natura e la purezza dei colori: il grigio delle rocce, il giallo della vegetazione secca, il turchese intenso dell’acqua.
Per il ritorno vorremmo seguire la strada litoranea che risale il capo sul lato est, ma non imbocchiamo il bivio giusto (le segnalazioni sono tutte solo in greco e portano mille nomi, il 99% dei quali non si trova sulla nostra carta), così, anche condizionati dall’orario di restituzione dello scooter, risaliamo lungo la medesima costa ovest da cui siamo scesi.
Per concludere, cena pantagruelica in uno dei ristoranti del lungomare di Githio. Dopo abbondante polpo grigliato e moussaka ci portano pure, come omaggio della casa, una sorta di crème caramel e due fette di rossissima, succosa anguria. Il tutto per la folle cifra di 20€ a testa, proprio perché stasera ci siamo voluti concedere un locale spennaturisti.
domenica 22 agosto
Dopo un ultimo bagno sulla spiaggia sabbiosa e ampia del campeggio Mani Beach, ci dirigiamo alla volta della parte superiore del Mani. Cominciamo ritornando sulla costa est, da una visita di Areopoli che del Mani è il capoluogo. In realtà ci appare come un paesotto tranquillo con varie chiese antiche, di cui una è aperta e dentro è suggestiva, con la penombra e la luce delle lampade colorate in contrasto al sole forte che batte all’esterno.
Procedendo lungo la strada costiera verso nord, dopo la bella baia di Limeni troviamo una fila di paesini tipici, con i resti di torri e abitazioni antiche in pietra, ma soprattutto con una quantità impressionante di piccole chiesette antiche nel solito stile bizantino molto carine, anche se si possono vedere solo da fuori perché le troviamo tutte chiuse: Langada, Thalames, Nomitsi, Platsa.. A Langada lungo la strada c’è una taverna molto ‘rustica’, gestita da una coppia di anziani che vendono anche olio e olive di Kalamata prodotti da loro. La signora, vestita in modo tradizionale col cannellone e quella specie di telo rettangolare sulla testa fermato da una cordicina, ci porta in cantina a riempire la nostra latta di olio dal tino; è proprio buono.
Proseguendo verso nord la strada si avvicina al mare e i paesi si fanno più turistici. Facciamo una sosta per pranzo a Kardamili, grazioso paesino balneare.
Tentiamo dalla Taverna di Lela (dalla strada principale c’è una segnalazione in una laterale che porta al mare), di cui la guida parlava così bene e che ha una terrazza sul mare a dir poco deliziosa, ma la troviamo vuota, sembra aperta solo la parte dell’affittacamere; forse è troppo tardi, o forse la domenica a pranzo non fanno cucina, chissà.
Tornando sulla via principale ci fermiamo ad un bar tra i tanti, che si rivelerà però un’ottima scelta: Cafè Androuvista.
Abbiamo scelto un bar per mangiare qualcosa di leggero, perché anche con questo caldo e anche qui sul mare i greci vanno pesante con la carne e già alle 11 di mattina li trovi seduti ai tavolini a mangiare souvlaki (spiedini).
Prendiamo un piatto di antipasti misti (che sono di ottima qualità e molto vari, e come quantità fanno da pranzo intero) e una insalata di arance che, per un errore della cameriera, ci viene servita nella sua versione più elaborata, ovvero: arance, olive, olio, sale, origano (fino qui la versione base), più fettine di cipolla cruda e pezzettini di porchetta arrosto. Bisogna fare un atto di fede per mandare giù il primo boccone, ma si rivela ottima.
Riprendendo la strada costiera continuiamo ad aggirare il golfo di Messini verso ovest. Passiamo per Kalamata, poi Messini, Petaldi, fino a raggiungere Koroni, che si trova su una delle due punte sud del “primo dito” del Peloponneso. Questo è di forma più o meno rettangolare e sui due angoli meridionali si trovano Koroni e Methoni, due cittadine fortificate costriute a guardia di quest’angolo di mare ai tempi della dominazione veneziana.
Il campeggio di Koroni è vicino al centro ma non alla spiaggia, così facciamo un altro tratto di strada e ci portiamo verso Finikonndia, a metà strada tra Koroni e Methoni; qui c’è un lungo tratto di spiaggia, molto gettonato dai windsurfisti, con 3 campeggi.
Ci infiliamo nel primo, il “Loutsa Beach”, e non ci risparmiamo il solito bagnetto serale rigenerante dopo il caldo della giornata.
lunedì 23 agosto
Lasciato con dispiacere il Loutsa Beach (che è un campeggino proprio carino e accogliente, ben organizzato e molto curato), la prima tappa della giornata è dedicata a Methoni, la città gemella di Koroni. Qui visitiamo le antiche fortificazioni (come al solito c’è lo zampino dei veneziani, ma anche da qui sono passati un po’ tutti: i francesi, i turchi.. La fortezza è molto grande e si allunga sul mare, si possono fare delle belle foto.
Dopo Methoni cerchiamo di fare una sosta a Pilos ma non troviamo facilmente parcheggio; sembra una cittadina carina e animata, ci accontentiamo però di rimirarla dall’alto; proseguendo la strada prende quota e offre un bel panorama su tutto il golfo.
La sosta più significativa della giornata la facciamo una 15ina di km più a nord, presso il sito archeologico della Reggia di Nestore.
E’ un vero gioiello, da non perdere. Si tratta del palazzo reale di epoca micenea meglio conservato in assoluto. Non che sia sopravvissuto il palazzo per intero (che era su due piani), però ne resta il primo metro da terra, quindi gli ambienti sono chiaramente identificabili: la sala del trono, la stanza della regina, il bagno con una vasca da bagno decorata, le sale d’attesa con le panchette in pietra per chi aveva udienza dal re, le cantine con le enormi giare per l’olio… è tutto molto più ‘vivo’ rispetto agli altri siti archeologici che abbiamo visitato.
Le dimensioni del sito sono contenute (si visita in quarto d’ora) e – altro vantaggio non trascurabile – tutta l’area da visitare (salvo la tomba reale, che si trova vicino al parcheggio) è coperta da una tettoia e quindi in ombra. L’accesso costa 3€ ma attenzione, l’orario di apertura è solo fino alle 15.
Quattro kilometri più a nord, nel paese di Chora, c’è un piccolo museo contenente i reperti ritrovati nel palazzo: vasellame d’oro, parti di affreschi (doveva essere coloratissimo) e le stele che portano la più antica scrittura ritrovata nella Grecia continentale.
Confidiamo che gli orari di apertura siano i medesimi del sito, ma purtroppo, al contrario degli scavi, il museo il lunedì resta chiuso. Peccato.
Proseguiamo la strada verso nord confidando in una taverna per il pranzo (il frigo del camper langue) e di solito ce n’è una ad ogni angolo di strada.
Invece la strada che attraversa Gargaliani, Filiatra, Kiparissia è quanto di meno turistico e ricreativo abbiamo visto sin’ora.
Il nostro obiettivo per la serata è la spiaggia di Tholo, dove arriviamo presto, a metà pomeriggio. Cerchiamo il campeggio, della rete Sunshine Campings che sino ad’ora era stata una garanzia, ma questa volta siamo parecchio delusi.
Il Tholo Camping è trascurato, deprimente, sembra una discarica di mezzi da rottamare. Scappiamo via e ci imbuchiamo nell’unico altro camping dei dintorni, l’Apollo, che si presenta nei cartelli stradali come “the most beautiful campsite in Greece” ma che in realtà è appena dignitoso. D’altra parte deve essere una prerogativa di questa costa, qui il turismo sembra molto meno organizzato, niente bar né negozi, è tutto più selvatico.
Per la cena (frigo sempre deserto) non ci fidiamo della taverna del campeggio e, percorrendo circa 1 km a piedi, troviamo la trattoria “Amnos”, un localino carino con una distesa di tavolini dove mangiamo del buon pesce fresco ad un prezzo molto contenuto. Cinque gatti cinque circondano il tavolo in paziente attesa degli avanzi.
martedì 24 agosto
La fine del viaggio si avvicina, e dobbiamo ormai raggiungere Patrasso. Prima però ci concediamo un’ultima deviazione: da Tholos prendiamo la strada che va verso l’interno fino al Tempio di Vasses (che si può trovare scritto anche come Bassei, a dimostrazione del fatto che la traslitterazione dal greco è una opinione e che decifrare i cartelli stradali – per di più nei tempi consentiti dallo scorrere del traffico – è spesso impresa disperata).
Il Tempio di Apollo Epicuro a Vasses è insieme ad un tempio che si trova ad Atene, quello meglio conservato della Grecia. Resta in piedi tutta la struttura di colonne doriche e la cella interna, è caduto solo il soffitto.
Durante gli interminabili lavori di restauro (lo stanno smontando, una fetta per volta, e ricostruendo partendo dal consolidamento delle fondamenta) lo hanno coperto con una tensostruttura telata bianca che lo rende ancora più irreale.
Dopo tanti siti archeologici di cui restano solo le fondamenta delle costruzioni, vederne una quasi intera sembra di essere sul set di un film.
Per pranzo ci spostiamo ad Andritsena, il paese principale della zona, circa 15 km oltre.
Il paese non presenta attrattive turistiche e lungo la strada principale si snodano i bar e le taverne con i tavolini all’aperto.
Pare che i greci amino molto mangiare fuori, indipendentemente dalla condizione sociale (effettivamente i locali sono spartani e abbiamo mangiato bene con 14€ in due!).
Si vedono spesso interi gruppi familiari a tavola, e sovente il peso medio dei soggetti è considerevole…
Ripresa la strada verso Pirgos, evitiamo la deviazione per Olimpia perché già visitata in precedenza e imbocchiamo la superstrada per Patrasso.
La lasciamo solo per un breve diversivo nel tratto Gastouni-Lehena, per raggiungere la punta ovest della costa, da Loutsa Kilini con i suoi fanghi termali e la gente che gira in costume tutta nera impantanata, alla Rocca di Kastro, fino al Porto di Kilini, da cui partono i traghetti per le isole. Prima di ripartire voglio provare un ‘frappè’, che qui non corrisponde esattamente all’idea che ne abbiamo noi bensì significa ‘nescafè freddo frullato’.
La bevanda pare vada alla grande in tutta la Grecia. Con o senza latte, poco o tanto zuccherata, sembra che nei bar non si beva altro. Il beverone è effettivamente gradevole, anche se lo trovo parecchio più caffeinato di un espresso.
Riprendiamo infine la superstrada e usciamo una 20ina di km prima di Patrasso, subito dopo Kato Akaia, seguendo come in una caccia al tesoro le segnalazioni per il camping “Kato Alissos”.
Di nuovo uno della rete Sunshine Campings. Dopo l’ultima esperienza a Tholos, che ci ha un po’ scottato arriviamo quindi un po’ diffidenti, anche data la vicinanza al centro urbano di Patrasso, ma il campeggio è carino, immerso nel verde, con spiaggetta e mare pulito. Inoltre ha un ristorantino favoloso su una balconata sul mare, con i tavolini sparsi sotto un enorme ulivo che, se non ha mille anni come dicono, poco ci cala.
Non per nulla il ristorante si chiama Panorama; appartiene al campeggio ma è esterno al recinto e serve anche la gente del posto.
Un bel posticino dove celebrare, con una nuotata al tramonto seguita da una bella cenetta, l’ultima sera di vacanze greche.
mercoledì 25 agosto
Con un po’ di tristezza si riparte da Kato Alissos e dalla Grecia. Prima di imbarcarci a Patrasso ci fermiamo in un supermercato e riempiamo il frigo di specialità greche da portare in assaggio a chi è rimasto a casa (per esempio gli yogurth, che sono meravigliosi e che ci mancheranno molto…).
giovedì 26 agosto
Risveglio sul traghetto. Per fortuna questa volta abbiamo avuto un posto laterale vicino ai finestroni così girava un po’ d’aria.
A questo punto, cosa altro dire? Arrivederci… e alla prossima!