A cura di Domenico Carola
(Esperto UPLI. Già comandante dirigente di Polizia Locale, membro della Commissione di riforma del Codice della Strada, redattore de IlSole24Ore).
I giudici della sesta sezione civile della Corte di cassazione con l’ordinanza 11441 del 15 giugno 2020 hanno ribadito che il divieto di inversione di marcia e di attraversamento dello spartitraffico non riguarda solo le manovre compiute sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade, ma anche quelle effettuate all’altezza dei varchi
LA VICENDA
Un automobilista era oggetto di notifica, da parte della Prefettura, di verbale di violazione per aver effettuato una inversione di marcia in prossimità del casello autostradale. L’automobilista si oppone al verbale davanti al Giudice di Pace, che però respinge l’opposizione finalizzata a ottenere l’annullamento del provvedimento. Tenta allora la strada del Tribunale, ma anche questo rigetta la sua versione. Anche avverso questa decisione propone ricorso innanzi alla Corte di legittimità eccependo, tra gli altri motivi, che il Giudice di secondo grado fosse incorso nell’erronea attribuzione della qualifica di autostrada al piazzale posto successivamente al casello autostradale, dove egli aveva eseguito l’inversione di marcia, in quanto dalla definizione di “autostrada” espressa dal codice della strada, particolarmente dettagliata, non si evincerebbe che tale tratto stradale ne potesse far parte.
LA DECISIONE
Gli Ermellini rigettano il ricorso ribadendo che secondo l’orientamento ormai consolidato il divieto di inversione di marcia e di attraversamento dello spartitraffico posto dal codice della strada (art. 176, comma primo) non riguarda solo le manovre compiute sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade ma anche quelle effettuate all’altezza dei varchi, zone queste ultime nelle quali sono da ricomprendere le aree immediatamente circostanti i caselli autostradali, poiché le manovre di inversione provocherebbero grave turbamento alla circolazione in una zona utilizzata esclusivamente per l’uscita e l’entrata in autostrada, essendo inaspettata la presenza di veicoli che non mantengono un assetto di marcia conforme a quello ivi previsto. La Corte conferma che Il Tribunale aveva risposto correttamente all’eccezione del ricorrente relativa alle strisce longitudinali discontinue, chiarendo che gli spazi per l’incolonnamento dei veicoli ai caselli fanno parte delle autostrade e sono soggetti alla medesima disciplina, quale che sia la conformazione del tratto terminale (carreggiata, svincolo, rampa o altro), su cui insistono, tant’è che i segnali di inizio e di fine sono posti all’esterno di tali aree (prima e dopo l’uscita).
Corte di Cassazione, VI sezione civile, ordinanza n. 11441 del 15 giugno 2020
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Prato, con sentenza n. 905/2017, ha rigettato il gravame proposto da Franco Paterno avverso la sentenza del giudice di pace di Prato, n. 915/2014, che aveva respinto l’opposizione proposta per l’annullamento del verbale di contestazione notificato dalla Prefettura di Prato per della violazione dell’art. 176, commi 1 e 19, codice della strada, avendo effettuato inversione di marcia in prossimità del casello autostradale.
Avverso la sentenza del Tribunale di Prato, il Paterno propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi.
Le amministrazioni sono rimaste intimate.
Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato il deposito di memoria illustrativa.
Atteso che:
con il primo e il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 176, commi 1 e 19, del D.lgs.30/04/1992 n. 285, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 nn.3 e 5 c.p.c.
In particolare, il Paterno sostiene che il Tribunale di Prato sarebbe incorso nell’erronea attribuzione della qualifica di autostrada al piazzale posto successivamente al casello autostradale, dove egli aveva eseguito l’inversione di marcia, in quanto dalla definizione di “autostrada” espressa dal codice della strada, particolarmente dettagliata, non si evince che tale tratto stradale ne possa far parte.
Inoltre, il ricorrente sostiene che il Tribunale abbia omesso l’esame dell’eccezione sollevata in merito alle caratteristiche del predetto tratto stradale caratterizzato da corsie parallele suddivise da strisce longitudinali discontinue.
I due motivi, che per evidenti ragioni di connessione argomentativa, rappresentata dall’interpretazione e dalla valutazione delle risultanze istruttorie, possono essere trattati congiuntamente, sono infondati e non possono trovare ingresso.
Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte il divieto di inversione di marcia e di attraversamento dello spartitraffico posto dall’art. 176, comma 1 lett. a) codice della strada non riguarda solo le manovre compiute sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle strade ma anche quelle effettuate all’altezza dei varchi, zone queste ultime nelle quali sono da ricomprendere le aree immediatamente circostanti i caselli autostradali, poiché le manovre di inversione provocherebbero grave turbamento alla circolazione in una zona utilizzata esclusivamente per l’uscita e l’entrata in autostrada, essendo inaspettata la presenza di veicoli che non mantengono un assetto di marcia conforme a quello ivi previsto (Cass. n. 17037 del 2005). Né è pertinente il precedente richiamato dal ricorrente, Cass. n. 9059 del 2001, riferendosi al caso di inversione del senso di marcia compiuto in tratto di viabilità ordinaria (l’autovettura infatti doveva accedere ad un parcheggio limitrofo alla zona antistante il casello autostradale), quindi è in coerenza con l’orientamento consolidato sopra illustrato.
Il Tribunale di Prato ha applicato in modo conforme i suddetti principi, esaminando anche l’eccezione sollevata dal ricorrente, in merito alle strisce longitudinali discontinue poste sul piazzale, come si evince dalla stessa sentenza nella parte in cui specifica che gli spazi per l’incolonnamento dei veicoli ai caselli fanno parte delle autostrade e sono soggetti alla medesima disciplina, quale che sia la conformazione del tratto terminale (carreggiata, svincolo , rampa o altro) su cui insistono, tant’è che i segnali di inizio e fine sono posti all’esterno di tali aree (prima dell’ingresso e dopo l’uscita), indicando la medesima sentenza del 2001 oggi invocata.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.
Non essendo state svolge difese dalle controparti rimaste intimate, non vi è pronuncia sulle spese processuali.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P . Q . M .
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.